Monthly Archives: September 2011

the farthest from home I've ever been

Tra circa quattro giorni tu sarai a Seattle. E non è un pensiero triste, perchè si tratta solo un minuscolo arrivederci a quando, tra meno di due settimane, ci ritroveremo tutti e due a New York, stanchi sfiniti, e vogliosi di addormentarci vicini. Oltreoceano, cioè più lontana di quanto io non sia mai stata.

Penso spesso a questo viaggio che si avvicina, è la mia lanternina luminosa di là dalla baia, attraente come le lucine delle ville di Long Island per Jay Gatsby. E' che sono stanca, e avrei voglia di prendermi un anno sabbatico di quelli mastodontici, fare fagotto e scappare con te in sudamerica o in indocina, in uno di quei posti dove nessuno e dico nessuno puo' venire a incrinare la tua tranquillità.

Cerco sempre di non pensare al lavoro, a quanto mi pesi, al fatto che vorrei fare altro, benchè l'impresa sia resa ardua dal fatto di doverci andare tutti i giorni, in quel malefico palazzo nero. Cerco allora di concentrarmi sulle cose che faccio e mi pare abbiano un senso, come gli articoli che scrivo e con cui guadagno gli unici soldi di cui vado fiera, la possibilità di diventare giornalista alla facciazza di chi propone solo di lavorare per la gloria, eccetera. Mi concentro su questo, ed evito di pensare troppo. Non conosco molta gente che può permettersi di fare il lavoro che ama, ma potrebbe sempre succedermi, e allora è inutile stare ad accartocciarsi di malcontento, ingrugnarsi perchè promuovono solo dei gran raccomandati, o altre stronzate.
Io sopporto, loro mi pagano, e noi partiamo. Questa è l'unica consecutio valida.

Ieri pomeriggio ci siamo distesi con Anabel a pancia all'aria sul tappeto elastico del giardino di Casa Totem. Stavamo lì, noi tre, nell'aria ormai quasi fresca delle sei, e tu parlavi di lavatrici per cellule, ed io ero proprio felice. Mi pareva di avere quindici anni, ma in più sentivo moltissimo meglio di allora.

 

perculatio

Qui c'è qualcosa che non va nello scorrere del tempo, qualcuno fermi il fottuto fastforward. Mi pare che da gennaio qualcuno abbia attivato la modalità veloce, e mi stia perculando, anche se in maniera bonaria e gentile.
Un attimo fa eravamo a Istanbul a salutare il 2011 insieme a migliaia di persone a piazza Taksim, e in un battibaleno è quasi metà settembre, ed io ho già un anno in più, ventisette o giù di lì e la cosa fa una certa impressione.

Però, a parte tutto, mi è venuto in mente un pensiero grandioso: questo è il quarto compleanno che passo con te. Ma ci pensi? Quattro compleanni sono tantissimi, eppure tu mi sembri una gran novità!

Così tra i tuoi regali giganteschi e ingiustificati, cenette deliziose, e le telefonate di auguri da Berlino e Bolzano e dalla via dietro l'angolo, ecco, io mi sono sentita veramente amata.

Guardo il tuo portarullini trasparente con dentro noi che ci paracadutiamo su New York, accarezzo con il piede il pelo morbido della p. che se ne sta sdraiata sotto la mia sedia, chiamo il Nonno e sento con sollievo che la cura funziona.

Vorrei che tutti i compleanni della mia vita fossero esattamente così.

 

grundnorm

set-tem-bre. A settembre si torna a scuola, si compiono gli anni, si inizia a pensare all'inverno, e si fanno i buoni propositi. Ma i miei buoni propositi di quest'anno sono tutti cattivi, quindi forse dovrei chiamarli con maggiore precisione "i cattivi propositi".

Su di tutti questi miei principi ispiratori per la stagione 2011-2012 spicca la Regressione.
La questione è questa: io non voglio crescere affatto. Neanche di un giorno, o di un'ora, anzi, se possibile voglio regredire ulteriormente. C'è qualcosa, nell'età adulta, che mi offende.

Quindi io, il mio cappottino rosso, la mia macchina fotografica a soffietto, e il mio zaino fjallraven, abbiamo intenzione di fare grandi cose nei prossimi mesi, cose poco ragionevoli. Per esempio incontrare qualcuno, a New york, in una stramba fuga oltreoceano d'autunno.