Monthly Archives: March 2009

back to school

E oggi primo giorno di scuola! Che anche se si trattava pur sempre del grigio e cattivo mondo del lavoro, la fornitura personale di matitine e bloc notes, i nuovi compagni di "classe", e tutte quelle scolasticissime proiezioni sul muro di nozioni da mandare a mente, hanno (un pochino) contribuito al mio buon umore. Poi, tanto per non farci mancare niente, c’è stato anche un esame all’università, seguito da un’ora libera in cui infilare la lettura abusiva di Rolling stone, seduta sul divanetto nero di Feltrinelli.
Perchè poi, proprio a dire la verità, se sono allegra è per tutt’altre cose;
è per tutti quei disegni a matita che qualcuno ha fatto sulla porta della mia camera -disegni fondamentali di elefanti che si appoggiano a cani, e cose serissime di questo tipo- e per la felicità limpidissima di una domenica piovosa spesa nel migliore dei modi possibili.
E anche per esserci fatti rubare il vino all’osteria (tanto moriranno di sicuro), e per come sia bellissimo addormentarsi in qua e in là per la città, studiando le abitudini dei vicini, del vecchietto vandalo che torna sempre a mezzanotte meno cinque da chissà quale misterioso giro in bicicletta, e di tutti gli altri…

Du glädjerika sköna!

Che poi una mica lo sa che può succederle di camminare per il centro di Bologna e di incontrare il Re e la Regina di Svezia. Voglio dire che non lo sapeva affatto, quando quella mattina si era svegliata ed era andata ad un colloquio di lavoro appuntandosi sulla borsa, come gesto beneaugurante, la spilletta comprata nella boutique dello zoo di Stoccolma.
Invece succede, e avrei voluto buttarmi ai loro piedi implorando per me e mon coeur la cittadinanza svedese, portando come prova di fedeltà assoluta il cavallo sulla spilletta e ripetendo puss-puss a manetta.
Avrei dovuto farlo, ecco.
E forse tutto questo incrocio scandinavo ha davvero portato bene, perchè in definitiva pare che io abbia un nuovo lavoro, un lavoro decente voglio dire, e nella mia testolina avventata frullano già fantasiosi sogni di viaggi intorno al mondo. Non importa se per averli dovrò lavorare in uno di quei posti che hanno nell’atrio il plastico in miniatura del palazzo, in uno di quei posti che è Satana fattosi gruppo finanziario. E’ il risultato quel che conta!
Poi che bello ieri sera ascoltare discorsi sovversivi contro segretarie amministrative, scambiare sguardi felici, prendere complimenti immeritati…

resta fermo dove sei

"Ferma! Non muoverti! Non muovere un muscolo. Resta ferma dove sei", disse lo spazzacamini-pittore Bert a Mary Poppins, intento a tratteggiarne l’ombra sul marciapiede.
Così ti ho scritto, infiniti giorni fa. Ricordi?
E tu hai scritto una frase che riassumeva tutto, una frase che raccontava del primo gioco a cui abbiamo giocato insieme, che raccontava di uno di quei momenti che uno può cercare per una vita nei libri, o nelle pieghe del quotidiano, senza mai trovarlo.
Dicevi: "…Ho sentito come se si stesse chiudendo un cerchio, come se il pensiero si fosse vestito di un elegante e semplicissimo vestito leggero e avesse deciso di non rimanere più solo ‘pensiero’."
E pochi giorni dopo, un’ombra dall’aria imbarazzata…
Mi vengono i brividi.

Cerco un po' d'Africa in giardino tra l'oleandro e il baobab

Ho portato la cagnetta a fare un giro in centro, splendeva il sole ed era bellissimo starcene sedute davanti a Santo Stefano a scaldarci il pelo e a leggere il giornale. Poi in un attimo il cielo è diventato grigio, s’è messo a soffiare un gran vento, e siamo morte di freddo, lei col suo pellicciotto ed io con i miei vestiti primaverili da stupida. Mi sono persino ritrovata, non so come, a camminare per la piazza con un vecchio frate, e guardandomi da fuori mi sono sentita paurosamente catapultata in una canzone di paolo conte, che è una cosa buffa, ma anche no.
Perchè esistono i martedì? Come in quella canzone, quella canzone che dice too many sad days, too many tuesday mornings. Mica l’hanno scritta per niente.
Vorrei da morire che fosse di nuovo domenica.
O altrimenti essere ancora dov’ero prima, ad aspettare qualcuno disegnando sul bloc notes le colonne dei portici come se fossi una studentessa dell’accademia di belle arti, e a sorridere del cane Artù nascosto sotto alla tonaca del prete.

artù

niente al mondo è più serio delle bolle di sapone

Che meraviglia giocare a declinare il weekend in tutti i modi possibili, cioè fare tardi ascoltando canzoni su certe luci di certe centrali elettriche; non uscire neppure e fare una rivoluzione lennoniana sotto ad un piumone che ormai è di troppo; e infine partire, anche se per un viaggio breve, e fare passare un pomeriggio in un lampo, tra bolle di sapone e sedicenti capitali del medioevo…
Ma anche solo stare in macchina a prendere pizzicotti e a commentare alberi di pesco sotto cui vorremmo addormentarci, o fabbriche inquinanti e grigie su cui fare esplodere bombe potentissime…ecco, anche solo questo sarebbe valso la scocciatura di sopportare tutti i lunedì, martedì e mercoledì del mondo.
Ci sono in ballo tante cose pseudo-serie, ma niente che ancora valga la pena di scrivere, e se anche fosse nemmeno mi andrebbe.

censimento

Quando ieri ho portato la coccinella sul terrazzo e ho cercato una pianta viva su cui lasciarla, ho preso atto di una situazione gravissima che finora avevo spudoratamente ignorato: è avvenuto uno sterminio.
Cioè, io ho compiuto uno sterminio, che è molto peggio! Praticamente quasi tutte le mie piantine outdoor sono morte, di freddo e sete, e il mio terrazzo offre uno scenario che neanche le guerre puniche…
Urge una risoluzione immediata per il salvataggio delle superstiti, e per farlo devo eseguire un censimento.
La situazione è la seguente:

Il terrazzo:
terrazzo

Da sinistra a destra in senso orario.

1- Il bulbo di qualcosa. Non so di cosa, forse un tulipano. E’ rispuntato a dicembre, senza cognizione di causa, non so se è il caso di credere in lui.

2- Il peperoncino della festa dell’Unità (morto) + una pianta grassa che ha circa 4 anni e che è ancora alta 5 centimetri e che non ha mai ricevuto un goccio d’acqua ma si ostina a vivere.

3-Begonia (morta) e un altro cadavere di cui risulta impossibile il riconoscimento (comunque è sicuramente morto)

4-L’intrusa. E’ cresciuta da sola, all’ombra di un fiore di plastica rosa.
Non so da dove arrivi, non so cosa sia. Non so niente, ma mi sta simpatica e fa dei buffi fiorellini bianchi. Sembra in gran salute.

In camera:
casa
Qui la situazione appare molto migliore, perchè queste piante sono quelle che hanno chiesto aiuto, sono quelle che so che esistono, che ogni tanto ricordo di innaffiare grazie all’innaffiatoio-elefante che mi ha regalato A.
Da sinistra abbiamo 1) Il tronchetto della felicità vinto alla pesca della festa dell’Unità. Lui è vivo perchè se l’è meritato dopo essermi apparso in sogno assetato e incazzato nero. Parliamone: una pianta che ti appare in sogno e chiede acqua deve vivere, lo capisco anche io.
2)L’orchidea piccola. E’ bruttina e senza gambo, non c’è alcuna speranza che faccia mai più dei fiori, ma vabbè, è un regalo dei miei, va preservata.
3)la piantina grassa nel secchiello: è un regalo di mio nonno quindi ci tengo anche se non ha niente di speciale. Sta bene.
4) La pianta cicciona. Dopo averla portata a casa dal Leroy Merlin mettendole la cintura di sicurezza, non l’ho mai più cagata. L’ho perfino umiliata ficcandola a tenere su i libri della mensola vicino a quell’orrenda matrioska rubata nell’appartamento di Praga. Nonostante tutto lei sta benissimo, quindi è motlo dignitosa.

L’orchidea:
orchidea

L’orchidea e’ la vera regina delle mie attenzioni, vivo per la sua sopravvivenza, la curo, la metto a bagnomaria, la scolo, la spunto, curo le sue ferite con la cera calda colata a goccioline, e le spolvero le foglie.
E’ un insulto ai cadaveri che ho sul terrazzo, lo so, ma è bella, e anche se ha perso tutti i fiori sento che un giorno li rifarà, e verifico sempre che le sue radici siano verdi e umide al punto giusto. Credo stia molto bene, ma è delicatissima.

E con questo credo di aver finito il censimento. Rimedierò alle mie malefatte.

naïf

Da oggi scrivo qui qui e anche da un’altra parte. Parlo di faccende superficialissime e so che ogni cosa che scriverò potrà essere usata contro di me in tribunale, ma è una specie di lavoretto, e quindi mi discolpo totalmente. Voglio dire che non ho scelto io di parlare di lusso, lo giuro.

Poi, poi…a parte questo, a parte i momenti passati a parlottare in macchina sotto casa che quasi quasi ti sembra sia la cosa più bella del mondo, e a parte i racconti di gente che va e viene da Belgrado o dal Messico, a parte il fatto che se la cagnetta si mettesse a fare un pò di sconcerie con qualche bel carlino potrei anche smettere di cercare lavoro e passare la mia vita allevando cuccioli…ecco, a parte tutto questo, l’unica altra cosa che ritengo davvero rilevante è che voglio dipingere la porta della mia stanza. E voglio dipingerla insieme al miglior disegnatore di bau del mondo, mangiucchiando torta e dando vita al più bel dipinto naïf che si sia mai visto.
Perchè io sono naïf, sono naïf in modo quasi indecente.

(e oggi ho anche trovato una coccinella che si era perduta in casa, così l’ho fatta salire su un dito, l’ho depositata su una pianta del terrazzo e poi le scattato una fotografia, sussurrandole quanto fosse straordinariamente fotogenica)

Dopo esserti addormentata con qualcuno che ti racconta storie di anatre blu, dormire da sola non è affatto divertente.
Devo necessariamente fare cose, oggi, cose tipo studiare. Poi gradirei di trovarmi un nuovo lavoro. Magari nell’editoria, ecco. Poi potrei prenotare un paio di voli aerei e un paio di treni.
Facile.

(trecentoquattro)

Mi sono svegliata troppo presto, e ora gironzolo per casa un pò spaesata, like a cat around hot porridge, come suggeriva quel modo di dire scandinavo che abbiamo imparato sul volo di ritorno da Stoccolma.
Intanto sta passando sotto la mia finestra il suonatore di fisarmonica, che esegue una nenia zingara mentre il ragazzino che lo accompagna prende al volo le monetine lanciate dalle finestre. Poche, in fondo.
A volte non riesce ad acciuffarle prima che tocchino terra, e queste rotolano fino a ficcarsi sotto le macchine parcheggiate, e il ragazzetto, magro, veloce, si fionda a recuperarle appiattendosi all’asfalto.
E’ una scena buffa e triste insieme, come finire catapultati in una città che non è questa, come essere in un film in bianco e nero.

Ieri sera, ad un concerto, è stata "letta" una canzone che racconta di un padre, che lo racconta in una maniera che mi obbliga a pensare al mio. Ha molte mancanze nei miei confronti, mancanze affettive, di scambio, di insegnamento, di dialogo. Se mi piacesse giocare al gioco delle colpe gliene darei molte, ma sono abbastanza grande per imparare da sola a sentirmi amata.
Questo dannatissimo discorso mi fa sentire male, perciò fine.

Otto

In una certa casa di una certa via di Bologna –una casa la cui cucina è dipinta con un grossolano cielo blu– c’è una gatta femmina che si chiama Otto. Alla gatta Otto piace dormire su cappotti che odorano di buono.
Ecco, non so perchè ma sentivo l’esigenza di annotarlo.